Per il vicepresidente Iacopo Bertini le ricerche scientifiche più recenti hanno evidenziato differenze quali-quantitative tra alimenti tradizionali e biologici rispetto alle molecole antiossidanti e polifenoliche
Prodotti da agricoltura biologica o tradizionali?
I consumatori si trovano spesso davanti a questa scelta quando fanno la spesa al mercato e nei centri commerciali. Quali alimenti è preferibile acquistare e per quale motivo? Ci sono differenze tra i prodotti biologici e quelli convenzionali? Cosa emerge dalle evidenze scientifiche?
La redazione di Comunicazione Sanitaria lo ha chiesto al vicepresidente dell’A.I.Nut, il dottor Iacopo Bertini, dal 1993 al 2003 ricercatore all’Università Tor Vergata di Roma, per la cattedra di Alimentazione e Nutrizione umana.
A.I.Nut è l’acronimo dell’Associazione italiana nutrizionisti, nata nel 2012 con sede a Villorba (Treviso), con finalità scientifiche e senza scopo di lucro, il cui obiettivo è riunire i professionisti della salute, biologici, medici nutrizionisti, dietisti, ricercatori e studiosi che si occupano di nutrizione analizzando gli aspetti fisiologici, clinici, psicologici, cognitivo-comportamentali, tecnologici, formativi, economico-sociali.
Dott. Iacopo Bertini, ci spiega in sintesi di cosa di occupa AINUT?
“Siamo impegnati nella progettazione di campagne per l’educazione e l’informazione per una corretta alimentazione e nutrizione, anche in collaborazione con altre associazioni e Società scientifiche ed eventualmente con l’aiuto di aziende alimentari e/o del settore benessere”, spiega il vicepresidente. “Ci occupiamo anche di organizzare corsi di formazione Ecm che, durante il periodo della pandemia da Covid-19, hanno subito un rallentamento”, prosegue.
Di alimentazione e nutrizione si parla sempre più spesso in televisione e sui giornali. Come mai?
“Il crescente interesse è legato al fatto che l’alimentazione, con una nutrizione corretta, consente di risolvere una carenza e contribuisce alla salute. Storicamente e in modo particolare durante gli anni Sessanta-Settanta, la nutrizione è stata indirizzata soprattutto a prevenire delle carenze, come ad esempio, quelle di vitamine. Bisogna considerare che si veniva dal periodo del Dopoguerra, si mangiava poco e male. La nutrizione, quindi, era vista come il fattore che poteva preservarci da alcune carenze. Con il passare del tempo, soprattutto oggi, gli alimenti vengono considerati come qualcosa in grado di darci di più sotto l’aspetto non solo nutrizionale, ma salutistico. In quest’ottica, c’è il ricorso anche agli alimenti biologici”.
Per quale motivo si assiste alla diffusione degli alimenti biologici?
“La risposta sta nel fatto che si ritiene che i prodotti da agricoltura biologica possano dare qualcosa di più rispetto agli alimenti tradizionali, quelli da agricoltura convenzionale”.
Dal punto di vista nutrizionale esiste una differenza tra gli alimenti da agricoltura biologica e quelli tradizionali?
“Questa è una bella domanda perché l’esistenza o meno di una differenza tra gli alimenti biologici e quelli tradizionali è materia di confronto tra i ricercatori. Fino a poco fa si riteneva non ci fossero grandi differenze dal punto di vista dei macro-nutrienti, cioè proteine, carboidrati e grassi. Più di recente, invece, sono emerse differenze significative con riferimento ai composti, cosiddetti “secondari”, quantitativamente meno presenti, ma non per questo meno importanti, come le molecole antiossidanti e polifenoliche. Sembra che i prodotti biologici ne abbiano quantitativamente di più, rispetto a quelli convenzionali”.
Per quale motivo?
“Bisogna ricordare che se proteggiamo le piante e diamo aiuti chimici, come fertilizzanti e antiparassitari, fermo restando che anche nel biologico sono consentiti sia pure con limitazioni, le stesse producono nel loro metabolismo quantità minori di queste sostanze secondarie che hanno degli effetti benefici per la nostra salute. Il concetto, in maniera molto chiara e semplice, è questo.
Queste sostanze secondarie non vengono indicate nelle etichette perché non sono ancora stati stabiliti i fabbisogni giornalieri. Sappiamo che fanno bene, poiché agiscono in funzione di prevenzione rispetto a diverse patologie, come quelle cardiache, ma non solo.
Tra l’altro, è da sottolineare che per confrontare i prodotti biologici con quelli convenzionali è anche difficile fare degli studi sul campo: se voglio confrontare, ad esempio, il pomodoro coltivato in modo biologico con quello tradizionale, devo prevedere che siano coltivati in campi vicini: se sono in località molto lontane, cambiamo le condizioni climatiche. Il confronto, quindi, non è semplice”.
Le etichette apposte sui prodotti sono un aiuto per i consumatori? Leggendo quello che c’è scritto, sanno cosa mangiano?
“Le etichette vengono apposte con l’obiettivo di fornire informazioni al consumatore, ma personalmente leggendo il contenuto, ritengo che alle volte siano un po’ specialistiche per cui il destinatario ha difficoltà a capire. Credo che, in alcuni casi, possano confondere il consumatore. Il consumatore, infatti, dovrebbe essere nelle condizioni di saper leggere quello che c’è scritto e mi riferisco a competenze specifiche sul piano della nutrizione. Lo stesso vale a proposito della cosiddetta etichetta a semaforo, argomento che ha alimentato polemiche di recente. Secondo me, sono sistemi che rischiano di confondere il destinatario finale. Ho l’impressione che possano complicare la lettura da parte del consumatore”.