Dall’esperienza del cluster Inside the Breath, una struttura regionale multidisciplinare per la diagnostica smart attraverso il respiro
“Si tratta di qualcosa che funziona e quindi va immediatamente messo a disposizione di tutti”: le parole di Vito Antonio Delvino, direttore generale I.R.C.S.S. Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari, esprimono l’entusiasmo dietro l’istituzione del Centro regionale di Breath Analysis, prima struttura pubblica in Europa a concentrare le proprie attività intorno all’analisi dei metaboliti presenti nel respiro, con l’obiettivo di diagnosticare diversi tumori. Lo spirito con cui viene istituito in Centro è quello di un’apertura a competenze, discipline, saperi diversi, che aiutino in particolare nella lotta a patologie ad alta incidenza e mortalità.
Il Centro, che sorge proprio all’interno dell’Istituto Tumori di Bari, nasce su solide fondamenta: le ricerche “made in Puglia” che, sin dal 2010, si sono concentrate su mesotelioma pleurico ed esposizione ad asbesto, prima, e sul tumore al colon retto, poi. Ricerche che, nel 2016, hanno portato alla nascita della grande rete di Inside the Breath, progetto biennale concluso proprio poche settimane fa, e allo sviluppo di una tecnologia ad hoc: il campionatore Mistral, in grado di registrare in pochi minuti singoli campioni di respiro da analizzare in laboratorio, alla ricerca di composti organici volatili che, se rilevati in specifiche sequenze, sono collegabili a specifiche patologie.
La prospettiva concreta, seppur dal sapore fantascientifico, è quella di poter diagnosticare molto precocemente una malattia solo attraverso l’analisi del respiro umano. Ecco perché l’Agenzia Regionale Strategica per la Salute ed il Sociale (AReSS Puglia), l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e l’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” (IRCCS) del capoluogo hanno fondato e presentato oggi in conferenza stampa il Centro regionale di Breath Analysis.
La struttura segna una trasversalità di approcci alla breath analysis, che non ha precedenti nel panorama della sanità pubblica: un approccio che il prof. Gianluigi De Gennaro (Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Bari), definisce “laico, rispetto alle tecnologie e alla metodologia”. Infatti, gli unici altri due centri europei sulla breath analysis (uno a Cambridge, l’altro a Tel Aviv) sono privati ed hanno un approccio “dogmatico” sullo sviluppo delle metodiche (sono cioè interessati a sviluppare esclusivamente la tecnologia diagnostica che essi stessi hanno sviluppato); al contrario, il Centro pugliese è aperto ad implementare tutte le metodiche disponibili in letteratura.
Un Centro altamente sperimentale, insomma, che offre opportunità concrete anche in un’ottica di prospettiva futura: non fossilizzarsi su un ambito di azione e su una metodica, fa notare De Gennaro, “apre ad altre patologie che magari, in alcuni siti del nostro territorio, possono essere particolarmente calde e interessanti, e apre soprattutto, sui nostri territori, alla possibilità di avere una tecnica che oggi non hanno neanche i centri d’eccellenza del Nord: quindi stiamo invertendo la tendenza”.
Il riferimento alle “patologie calde e interessanti” all’interno del territorio pugliese viene esplicitato da Gianmarco Surico, coordinatore operativo Rete Oncologica Pugliese, che ha ricordato l’emblematico caso di Taranto, “una delle zone più sensibili in Italia”.
“L’attenzione sulla zona – ha spiegato Surico – aumenta sempre di più perché l’incidenza di tumori è in aumento, ed è già la più alta nel Paese”.
E’ stato però grazie all’impegno del dott. Giovanni Gorgoni, direttore generale ARESS Puglia, che questo progetto ha visto la possibilità di concretizzarsi: il Centro è stato infatti inserito nel Documento economico e finanziario della Sanità Pugliese (DIEF) con una voce di spesa ad hoc. “La struttura – ha spiegato Gorgoni- sarà retta da una cabina di regia, formata dai rappresentanti legali delle tre istituzioni, e da un comitato tecnico, con due componenti per ciascuno dei tre enti: per ARESS Puglia ricopriranno l’incarico Lucia Bisceglia ed Elisabetta Graps, esperte rispettivamente in Monitoraggio epidemiologico e care intelligence e l’altra in Health technology assessment: entrambe, ha affermato Gorgoni, portano “due pacchetti di saperi particolari e definiti” che si affiancano alle numerose discipline (da quelle più ancorate alle metodiche laboratoriali, a quelle prettamente tecnologiche, a quelle comunicative) che collaboreranno all’interno di questa struttura fortemente specializzata.
La volontà condivisa da tutti è di fare in fretta: “Abbiamo assistito ad un pericoloso fenomeno negli anni passati: un’idea che è nata qui a Bari, dal professor De Gennaro e dal professor Altomare, poi è stata copiata in altri posti nel mondo, dove hanno accelerato la fase di applicazione tecnologica – ha affermato Vito Antonio Delvino –. Ora noi siamo molto avanti, chiaramente si tratta di una prospettiva affascinante e che può anticipare sicuramente di anni eventuali terapie, quindi può tramutare un big killer in qualcosa che, in una certa percentuale di casi, può essere trattato. Parliamo di guarigione, una cosa che in ambito oncologico è una soglia difficilmente prospettabile.
Un potenziale scientifico straordinario e una “leale, profonda e intensa collaborazione” tra le istituzioni che eticamente condividono lo stesso obiettivo: l’Università di Bari, la Regione Puglia nella sua espressione scientificamente più avanzata che è l’ARESS, e l’Istituto Tumori che ha un ruolo istituzionale all’interno della Rete oncologica e mette a disposizione un potenziale di pazienti estremamente significativo.
Concetto ribadito anche dal prof. Giuseppe Pirlo, prorettore Uniba, che ha sottolineato come “tutta la comunità dell’Università si sente orgogliosa di questo progetto e impegnata in questo progetto: continuiamo a fare rete – il suo invito – cercando di volare alto, creare un sistema dove in maniera naturale le nostre migliori idee diventino ricchezza per il territorio”.